N. 651 - Una rivisitazione delle condizioni di dominanza di povertà e di benessere economico

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di Gian Maria Tomatnovembre 2007

Il lavoro presenta una rassegna della letteratura sulla misurazione della povertà, svolta con riferimento a rigorosi approcci matematici, come quello assiomatico e l’applicazione della nozione di ordinamento di povertà. I risultati teorici vengono utilizzati per studiare l’evoluzione della povertà in Italia e nelle sue principali ripartizioni territoriali nel periodo 1997-2005.

In una prima parte del lavoro si approfondiscono questioni teoriche, quali le proprietà desiderabili per un indice di povertà, le assunzioni circa la forma funzionale dell’indice e la relazione con le condizioni di dominanza stocastica.

L’applicazione empirica utilizza i dati dell’Indagine sui consumi, condotta annualmente dall’Istat su un campione di circa 28.000 famiglie. Per le finalità dell’analisi si adotta una versione modificata della metodologia impiegata dall’Istat per la compilazione delle statistiche ufficiali sulla povertà relativa. In particolare, l’indicatore di benessere individuale utilizzato è costituito dalla spesa equivalente (ovvero che tiene conto delle caratteristiche familiari) per consumi, adottando una scala di equivalenza che approssima le scale OCSE; la soglia di povertà è fissata al 50 per cento della media della spesa equivalente per consumi.

Si stima che gli individui con una spesa inferiore alla soglia di povertà rappresentavano nel 2005 il 15,8 per cento della popolazione, mentre l’intensità della povertà era pari al 22,6 per cento. Questi dati riflettono divari sostanziali tra le diverse ripartizioni territoriali. Nelle regioni del Mezzogiorno risiedeva infatti il 68,6 per cento della popolazione povera e a queste regioni era attribuibile il 73,5 per cento della differenza complessiva tra il reddito delle famiglie povere e quello corrispondente alla soglia di povertà.

Tra il 1997 e il 2005 la povertà è diminuita nelle regioni del Nord e del Centro ed è aumentata in quelle del Mezzogiorno. Utilizzando un ampio insieme di indici di povertà, si evidenzia che la diminuzione della povertà nel Nord e nel Centro si è concentrata nelle fasce più anziane della popolazione. L’incremento nel Mezzogiorno riflette invece l’andamento relativo alle fasce più giovani.

Infine, lo studio dell’influenza dei fattori socio-economici sui livelli di povertà evidenzia effetti sostanziali del livello di istruzione sui livelli di povertà delle persone nella classe di età compresa tra 25e 54 anni. Nella media italiana, la differenza tra l’incidenza della povertà nel gruppo di persone con al più un diploma di scuola elementare e quella relativa al gruppo di persone con una laurea universitaria è pari a circa 20 punti percentuali. Inoltre, pur presentando le regioni del Nord e del Centro, in tutte le classi di istruzione, livelli di povertà inferiori rispetto a quelle del Mezzogiorno, le differenze territoriali si attenuano al crescere del livello di istruzione. In media, oltre i due terzi delle persone povere nella classe di età 25-54 sono individui con al più un diploma di scuola secondaria superiore.  

Testo della pubblicazione