N. 622 - Occupazione, innovazione e produttività: evidenza empirica sui microdati italiani

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di Bronwyn H. Hall, Francesca Lotti e Jacques Mairesseaprile 2007

Il rallentamento della produttività delle imprese italiane è un fenomeno strutturale che riguarda tutti i comparti del settore manifatturiero. Tra le cause di tale ritardo figura anche la limitata capacità innovativa delle imprese, il cui ruolo è approfondito nel presente lavoro.
Le innovazioni possono riguardare un ampio spettro delle attività delle imprese; questo lavoro si focalizza sulle innovazione di prodotto e di processo. Le innovazioni di prodotto riguardano i beni tecnologicamente nuovi introdotti sul mercato dall’impresa; le innovazioni di processo riguardano modifiche nelle tecniche di produzione o nell’organizzazione produttiva, al fine di guadagnare efficienza.
L’impatto dell’innovazione di prodotto sull’occupazione è generalmente positivo: un nuovo prodotto genera per l’impresa una quota di domanda addizionale, alla quale risponderà con livelli più elevati di produzione e occupazione. Al contrario, l’impatto complessivo sull’occupazione derivante dalle innovazioni di processo è ancora controverso. Innovare i processi per produrre le stesse quantità con meno addetti induce di per sé un effetto negativo sul fattore lavoro (o di spiazzamento). Tuttavia, se la concorrenza spinge le imprese a condividere i guadagni di efficienza con i consumatori attraverso un calo dei prezzi, reso possibile dalla diminuzione dei costi di produzione, ciò induce un incremento della domanda e quindi della produzione. Attraverso questo canale, l’effetto dell’innovazione di processo sull’occupazione sarebbe positivo (cosiddetto effetto di compensazione).
Il presente lavoro propone un modello teorico con cui è possibile identificare il contributo dell’innovazione di processo alla crescita dell’occupazione a livello di impresa. Ciò consente di valutare quale dei due effetti sopra citati prevalga sull’altro (spiazzamento o compensazione).
I microdati utilizzati nell’analisi empirica provengono da tre indagini sulle imprese manifatturiere, condotte da Mediocredito-Capitalia, che si riferiscono al periodo 1995-2003. Il principale risultato è che in Italia l’innovazione di processo avrebbe un effetto sull’occupazione complessivamente neutrale, contrariamente a quanto osservato per altri paesi industrializzati, dove l’effetto è tipicamente negativo.
La produttività (misurata come fatturato in termini reali per addetto) relativa ai prodotti non innovativi è cresciuta di circa il 10 per cento dal 1995 al 2000, per poi calare di circa il 2 per cento dal 2001 al 2003, sia nei settori a bassa tecnologia sia in quelli a tecnologia medio-alta, segnalando presumibilmente una generalizzata difficoltà ad aggiustare il fattore lavoro a seguito dei guadagni di efficienza realizzati con l’innovazione di processo.
Attraverso un esercizio di contabilità della crescita, il modello consente di separare i contributi dei nuovi prodotti e di quelli già esistenti sul mercato, o non innovativi, dalla crescita dell’occupazione delle imprese nel campione. Nel periodo 1995-2003, la crescita cumulata dell’occupazione nel campione esaminato è stata pari al 3,2 per cento. Oltre la metà della crescita è attribuibile alle imprese che realizzano prodotti innovativi; il calo dell’occupazione nelle imprese che fanno innovazioni di processo, pari a quasi 2 punti percentuali, è stato più che compensato dalla crescita degli addetti nelle imprese non innovative (quelle cioè che non fanno innovazioni né di prodotto né di processo), pari a 4 punti percentuali.
Il confronto con altri paesi europei, possibile solo per il periodo 1998-2000, mostra che in Italia e, in misura minore, in Spagna e nel Regno Unito, la crescita dell’occupazione è stata sospinta dall’aumento della produzione delle imprese non innovative. Al contrario, in Germania e in Francia il contributo più rilevante alla crescita dell’occupazione è venuto dalle imprese che realizzano innovazioni di prodotto.

Pubblicato nel 2008 in: Industrial and Corporate Change, v. 17, 4, pp. 813-839

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