N. 616 - Gli effetti delle barriere all'entrata nel settore commerciale italiano

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di Fabiano Schivardi e Eliana Vivianofebbraio 2007

Il lavoro studia gli effetti delle barriere all’entrata nel settore del commercio al dettaglio. Il decreto legislativo n. 114 del 1998 (cosiddetto decreto Bersani) mirava a modernizzare il settore, caratterizzato dalla prevalenza di piccoli negozi a gestione familiare. Il decreto ha eliminato il bisogno di autorizzazione per negozi su superfici inferiori ai 150 metri quadrati, ha lasciato ai Comuni il compito di autorizzare quelli con superfici fra 150 e 1500 metri quadrati e alle Regioni quelli di dimensioni superiori. È opinione diffusa che gran parte delle Regioni abbiano usato il loro potere legislativo per ostacolare le nuove aperture di esercizi della grande distribuzione. Riprendendo la metodologia sviluppata in una precedente pubblicazione di uno dei due autori (E. Viviano, Entry regulations and labour market outcomes: Evidence from the Italian retail trade sector, Banca d’Italia, Temi di discussione n. 594, 2006), il lavoro utilizza la variabilità locale delle barriere all’entrata per analizzarne gli effetti economici. In particolare, diciassette regioni hanno fissato limiti massimi della nuova metratura autorizzabile a livello provinciale, mentre solo tre (Piemonte, Emilia Romagna e Marche) non hanno introdotto limiti prefissati, almeno nel periodo analizzato nel presente lavoro (dal 1998 al 2002). Tali limiti, considerati in rapporto alla popolazione locale, vengono utilizzati come misura di barriere all’entrata.
Si utilizzano i dati a livello di impresa del Sistema dei conti delle imprese, una banca dati dell’Istat rappresentativa delle imprese con meno di 100 addetti, che permette di studiare gli effetti delle barriere sui margini di profitto, la produttività e l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC); quest’ultimo fattore, secondo la letteratura recente, sarebbe la causa principale dell’eccezionale crescita della produttività nel commercio al dettaglio negli Stati Uniti. L’analisi documentata in questo lavoro riguarda le imprese con almeno 16 e non più di 100 addetti già presenti nel mercato nel 2000, quando la nuova regolamentazione entrò in vigore. Vengono anche studiati gli effetti sui prezzi dei beni alimentari.
I dati mostrano che le barriere all’entrata hanno un impatto negativo sull’economia, aumentando i margini di profitto, diminuendo la produttività e sfavorendo l’adozione delle TIC. In particolare, l’elasticità dei margini di profitto (profitti lordi su vendite) rispetto alle barriere all’entrata è del 14 per cento: il raddoppio della nuova metratura autorizzabile si accompagnerebbe alla riduzione dei margini di 14 punti percentuali. Per meglio illustrare l’ordine di grandezza, le imprese si tuate in una provincia che passasse dal venticinquesimo al settantacinquesimo percentile della distribuzione dello spazio autorizzabile registrerebbero una riduzione media dei margini di profitto dell’ordine del 21 per cento.
L’elasticità della produttività (misurata come vendite su ore lavorate) è del 5 per cento. Nel caso di una provincia che passasse dal venticinquesimo al settantacinquesimo percentile della distribuzione dello spazio autorizzabile, le imprese conseguirebbero un aumento della produttività media del 7,5 per cento. Minori barriere all’entrata sono correlate anche a un maggiore tasso di adozione delle TIC e a un minor incremento dei prezzi al consumo. In particolare, nelle tre regioni senza limiti prefissati sulla metratura autorizzabile la crescita dei prezzi dei beni alimentari e delle bevande è risultata più bassa di circa mezzo punto percentuale all’anno rispetto al resto del campione
I risultati sono robusti rispetto a varie estensioni dell’analisi e ipotesi alternative: in particolare, la misura adottata per le barriere all’entrata non è influenzata dalle dinamiche passate registrate nelle singole regioni, né risente di fattori comuni anche ad altri settori dei servizi, essendo specifica per il commercio al dettaglio. Si conclude quindi che le barriere all’entrata avvantaggiano le imprese già operanti nel mercato a scapito dell’efficienza produttiva e della diffusione delle nuove tecnologie. Risultano penalizzati anche i consumatori che, a causa della minore efficienza e del più alto margine di intermediazione, pagano prezzi più alti.

* E. Viviano, Entry regulations and labour market outcomes: Evidence from the Italian retail trade sector, Banca d’Italia, Temi di discussione n. 594, 2006.

Pubblicato nel 2010 in: The Economic Journal, v. 121, 551, pp. 145-170

Testo della pubblicazione