N. 573 - Le rimesse dei lavoratori emigrati e le crisi di conto corrente

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di M. Bugamelli e F. Paternògennaio 2006

Il lavoro studia i potenziali effetti stabilizzanti delle rimesse dei lavoratori emigrati sul conto corrente della bilancia dei pagamenti dei paesi in via di sviluppo.

In seguito all’intensificarsi dei flussi migratori dai paesi meno sviluppati a quelli avanzati, anche i trasferimenti di fondi da parte degli emigrati verso i loro paesi di origine hanno raggiunto livelli ragguardevoli, e attualmente rappresentano, nella media del complesso dei paesi in via di sviluppo ed emergenti, la seconda fonte finanziamento esterno dopo gli afflussi di investimenti diretti esteri.

Le rimesse degli emigrati sono più stabili e meno cicliche di altri flussi di capitali e sono in larga parte in valuta estera e quindi utilizzabili per il rimborso del debito estero. In virtù di queste proprietà elevati afflussi di rimesse degli emigrati potrebbero ridurre la probabilità che un paese con un disavanzo di conto corrente, spesso necessario in una fase arretrata di sviluppo, sia costretto a una correzione drastica e costosa in termini di crescita e di benessere. Un peggioramento, anche solo temporaneo, delle varabili economiche fondamentali di un paese può determinare una crisi di fiducia da parte degli investitori esteri, che interrompendo bruscamente il finanziamento del disavanzo esterno ne forzano la riduzione (current account reversal). Le rimesse degli emigrati, originate da motivazioni altruistiche diverse da quelle che guidano i capitali privati esteri, potrebbero fornire agli investitori stranieri una garanzia sulla solvibilità del paese, rendendo meno probabile la necessità di ampi riaggiustamenti del conto corrente.

Per verificare questa ipotesi, è stato utilizzato un campione di dati annuali riferiti a 95 paesi emergenti e in via di sviluppo nel periodo compreso tra il 1976 e il 2003.

Confermando i risultati ottenuti dalla letteratura precedente, le stime mostrano che un ampliamento del disavanzo corrente, una riduzione delle riserve ufficiali e un aumento del debito estero di un paese costituiscono i principali fattori capaci di scatenare una crisi.

Nel caso in cui un paese benefici di consistenti afflussi di rimesse, in particolare superiori al 3-4 per cento del PIL, la probabilità di crisi, connessa alla perdita di riserve ufficiali e all’ampliamento della posizione debitoria sull’estero, tende a ridursi significativamente.

I risultati del lavoro sono robusti rispetto all’utilizzo di differenti misure di current account reversal o di rimesse degli emigrati. Allo stesso modo le conclusioni non sembrano imputabili all’esistenza di altri fattori istituzionali, quali ad esempio il grado di sviluppo finanziario di un paese o il suo regime di cambio, capaci di influenzare al contempo il livello delle rimesse e la probabilità di crisi del conto corrente.

Pubblicato nel 2009 in: World Development, v. 37, 12, pp. 1821-1838

Testo della pubblicazione