N. 555 - Guadagni in conto capitale e consumi delle famiglie. Il caso italiano

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di Luigi Guiso, Monica Paiella e Ignazio Viscogiugno 2005

Il lavoro si propone di accertare l’esistenza di eventuali “effetti ricchezza” sui consumi e di quantificarne la rilevanza per le famiglie italiane, attraverso l’analisi dell’evoluzione della loro ricchezza nel corso degli anni novanta.

Allo scopo ci si concentra sull’andamento dei prezzi e degli investimenti delle famiglie in due categorie di attività: gli immobili, che costituiscono il bene più diffuso tra le famiglie italiane e rappresentano la quota più significativa della loro ricchezza, e le azioni, il cui peso sul complesso delle attività finanziarie è limitato, anche se la loro diffusione è notevolmente cresciuta a partire dalla metà degli anni novanta.

I dati utilizzati sono: l’indagine sui bilanci delle famiglie italiane per gli anni 1991, 1993, 1995, 1998, 2000 e 2002, la banca dati Consulente Immobiliare (a cura del Sole 24 ore) sui prezzi degli immobili e un indice dei prezzi delle azioni quotate presso la Borsa italiana. Nel loro insieme, questi dati consentono di calcolare i guadagni (o le perdite) in conto capitale sugli investimenti immobiliari e azionari per ciascuna famiglia dell’indagine.

Nel complesso, le famiglie hanno conseguito i più significativi guadagni in conto capitale sugli immobili nel 1991 e nel 2002 (l’ultimo anno considerato nell’analisi). In entrambi gli anni, però, numerose famiglie hanno registrato delle perdite; ciò è riconducibile alla variabilità territoriale dei prezzi degli immobili. Le perdite più significative sugli immobili, che hanno interessato la maggior parte delle famiglie, si sono registrate nel 1995.

I guadagni sulle azioni sono invece stati particolarmente elevati in media nel corso degli anni 1993 e 1998, mentre nel 2002 le famiglie hanno subito ingenti perdite.

Stime econometriche indicano che l’effetto complessivo sui consumi è pari a circa 2 centesimi per ogni euro di variazione dei prezzi degli immobili. Vi sono però delle notevoli differenze tra le famiglie: a fronte di un aumento dei prezzi, i proprietari di immobili aumentano i propri consumi di 3,5 centesimi per ogni euro di incremento; per contro, coloro che sono in affitto, e che verosimilmente prevedono di acquistare un immobile in futuro, tendono a aumentare il risparmio, comprimendo la propria spesa. Nel complesso, a un aumento (permanente) dei prezzi degli immobili del 10 per cento corrisponderebbe un aumento dei consumi di beni non durevoli e servizi dell’1 per cento.

L’effetto complessivo di variazioni nei prezzi delle azioni è più difficile da determinare a causa della ridotta incidenza di questa attività nel portafoglio delle famiglie italiane. Tuttavia, dall’analisi emerge che un aumento dei prezzi ha un effetto negativo, ancorché modesto, sui consumi di coloro che detengono azioni. Ciò potrebbe suggerire che l’“effetto di sostituzione”, che porta ad investire di più al crescere dei rendimenti, prevale sull’“effetto reddito”, che porta i possessori di azioni a consumare parte del guadagno conseguito.

Pubblicato nel 2006 in: L. Klein (a cura di), Long Run Growth and Short Run Stabilization: Essays in Memory of Albert Ando (1929-2002), Cheltenham, Elgar

Testo della pubblicazione