N. 550 - Proprietà, controllo e trasferimenti nelle imprese italiane. Cosa è cambiato nel decennio 1993-2003?

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di Silvia Giacomelli e Sandro Trentogiugno 2005

Il lavoro analizza i risultati di due indagini svolte dalla Banca d’Italia nel 2003 sugli assetti proprietari, sul controllo e sui trasferimenti delle imprese industriali italiane non quotate, ricalcando analoghe ricerche compiute nel 1993. Le due indagini, denominate Invind ed Esetra, sono state condotte rispettivamente su circa 1.900 e 500 imprese industriali.

Obiettivo della ricerca è quello di valutare il grado e la direzione dell’evoluzione dei modelli di controllo delle imprese nel nostro Paese alla luce dei profondi cambiamenti istituzionali intervenuti nel corso del decennio considerato e dell’aggravarsi della crisi di competitività della nostra industria nello stesso periodo.

I dati raccolti attraverso le indagini forniscono informazioni su vari profili della struttura proprietaria delle imprese e, in particolare, sulla sua distribuzione. La proprietà diretta delle imprese considerate risulta essere molto concentrata. Ciò emerge da vari indicatori. Nel 2003 la dimensione media della quota di proprietà detenuta dal primo azionista è pari al 64,7 per cento del capitale nelle imprese del campione Invind e al 52 per cento nelle imprese del campione Esetra. Nelle imprese di entrambi i campioni considerati l’azionista principale possiede in media una quota di capitale che gli consente di avere il controllo di diritto della società. Il grado di concentrazione della proprietà diretta è ulteriormente messo in risalto dai dati relativi al numero di soci, pari a 5,6, nelle imprese Invind, ma il numero mediano è ben inferiore (pari a 3 soci). In Esetra circa i due terzi delle imprese hanno un numero di soci compreso tra uno e quattro.

L’analisi della tipologia dei soggetti che esercitano il controllo consente di cogliere ulteriori importanti caratteristiche degli assetti proprietari e di governo delle imprese. Il dato che emerge con maggiore rilievo è il carattere non anonimo della proprietà delle imprese. Ciò è testimoniato dalla predominanza, quali soggetti controllanti, delle persone fisiche e dalla modesta presenza degli intermediari finanziari (banche, società finanziarie, investitori istituzionali specializzati negli investimenti nel capitale delle imprese non quotate). In particolare, le persone fisiche controllano direttamente i tre quarti delle imprese Esetra e poco meno della metà delle imprese Invind. Inoltre, molto frequentemente il controllo è esercitato congiuntamente da persone legate da vincoli di parentela, a testimonianza della diffusione del controllo di tipo “familiare” (poco meno della meta’ delle imprese Esetra); è “preservato” dal frequente utilizzo di clausole statutarie e patti parasociali che limitano la trasferibilità delle partecipazioni sociali ed è rafforzato da accordi di voto e consultazione. L’ulteriore elemento caratterizzante gli assetti proprietari e di controllo delle imprese italiane è la rilevanza del fenomeno del gruppo. Quasi un terzo delle imprese Invind e un quinto delle imprese Esetra sono infatti controllate da altre imprese, sia holding finanziarie sia imprese che svolgono attività produttiva. La diffusione del controllo di gruppo cresce sensibilmente al crescere della dimensione delle imprese.

Rispetto al decennio precedente i cambiamenti risultano modesti. Le variazioni maggiormente significative sono rappresentate dalla riduzione del peso del settore pubblico, frutto del processo di privatizzazione, e dall’incremento della rilevanza dei soggetti esteri tra i soggetti controllanti. Quest’ultimo dato è in parte attribuibile alla localizzazione estera delle holding di gruppi italiani.

Per quanto riguarda i trasferimenti del controllo delle imprese, essi sembrano essere determinati da fattori diversi a seconda che avvengano all’interno della famiglia controllante o tra soggetti non legati da vincoli di parentela. Nel primo caso i trasferimenti sembrano essere connessi soprattutto all’avvicendamento generazionale, mentre nel secondo caso essi risultano più frequentemente determinati da situazioni di difficoltà economico- finanziarie dell’impresa successivamente trasferita.

Il mercato della proprietà delle imprese è nel 2003 ancora incentrato sui contatti personali tra venditore e compratore. Infatti, anche nei trasferimenti al di fuori della famiglia il nuovo controllante risulta essere in qualche modo già legato all’impresa perché vi prestava attività, era socio o partecipava al controllo.

La rilevanza del tema dell’avvicendamento generazionale per le imprese dei due campioni analizzati emerge con chiarezza da vari elementi: il 40 per cento delle imprese Esetra con più di 30 anni risulta ancora essere controllato dal fondatore; l’età media dei controllanti delle imprese Invind è di 61 anni e più dell’80 per cento di essi ha più di 50 anni. È dunque ragionevole aspettarsi che un numero consistente di imprese dovrà affrontare nei prossimi anni un passaggio generazionale. Tale questione sembra essere avvertita dalla maggior parte degli imprenditori-controllanti. Tra i passi attraverso i quali la successione viene preparata figurano la cessione di quote di proprietà da parte del controllante ai propri discendenti e il coinvolgimento diretto di questi ultimi nell’attività dell’impresa.

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