N. 499 - Politica monetaria e transizione verso le aspettative razionali

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di Giuseppe Ferrerogiugno 2004

Un cambiamento nelle regole di conduzione della politica economica o nella strategia perseguita dalla banca centrale può richiedere del tempo per essere completamente assimilato nei comportamenti degli operatori economici. La maggiore o minore rapidità di apprendimento di un nuovo assetto di politica economica può contribuire a determinarne l’efficacia.

La letteratura che studia i fenomeni di apprendimento suggerisce che le scelte di politica monetaria devono tenere conto dell’esigenza di far convergere le previsioni degli agenti economici verso quelle che si determinano sotto l’ipotesi di aspettative razionali. In caso contrario, infatti, il processo di correzione degli errori di previsione potrebbe generare fenomeni di instabilità nell’economia.

Questa considerazione solleva diverse domande che non hanno ricevuto sufficiente attenzione in letteratura. Specificamente, qual è l’effetto delle decisioni di politica monetaria sulla durata del processo di apprendimento? E’ importante distinguere tra decisioni di politica monetaria che implicano una fase di apprendimento di 4 trimestri da quelle che determinano un apprendimento che dura 20 anni? E’ sempre preferibile un apprendimento rapido? E’ possibile utilizzare politiche che favoriscono un apprendimento veloce o lento senza influenzare il comportamento dell’economia nel lungo periodo?

Per affrontare tali quesiti, il lavoro analizza un modello di equilibrio economico generale in cui i consumatori e le imprese formulano proprie previsioni sull’andamento futuro dell’economia stimando ricorsivamente l’inflazione e la produzione sulla base dei dati osservati. La banca centrale manovra il tasso di interesse nominale a breve termine, in risposta all’inflazione e all’output gap attesi dal pubblico.

Nel lavoro si dimostra che il ruolo del comportamento dell’autorità monetaria nel determinare le proprietà del processo di apprendimento degli agenti è rilevante.

In particolare, si argomenta che:

• tanto più aggressiva la risposta dell’autorità monetaria all’inflazione attesa, tanto più precisa la stima dell’inflazione e dell’output gap nel lungo periodo e tanto più rapido l’apprendimento del pubblico. Un simile risultato non vale invece per la risposta all’output gap atteso: una risposta eccessiva a tale variabile può determinare un apprendimento lento.

• In presenza di agenti che formulano le proprie previsioni stimando ricorsivamente l’inflazione e la produzione, applicare la politica monetaria che sarebbe ottimale sotto l’ipotesi di aspettative razionali può generare un apprendimento troppo lento, determinando una perdita di benessere per la società. Anche in questo caso, una risposta più aggressiva all’inflazione attesa permetterebbe un apprendimento più veloce e comporterebbe, nel caso di un’inflazione inizialmente attesa dal pubblico più elevata di quella di lungo periodo, un benessere maggiore.

Pubblicato nel 2007 in: Journal of Economic Dynamics and Control, v. 31, 9, pp. 3006-3041

Testo della pubblicazione