N. 452 - Misura e determinanti dell’agglomerazione spaziale nei comparti industriali in Italia

Go to the english version Cerca nel sito

di Marcello Pagniniottobre 2002

I sistemi economici sono soggetti a forze contrastanti che spingono, da una parte, verso una polarizzazione delle attività economiche sul territorio (forze centripete) e, dall’altra, verso una loro dispersione (forze centrifughe). Le forze centripete dipendono dal risparmio sui costi di trasporto delle merci, delle persone e delle informazioni reso possibile dalla concentrazione delle attività economiche in poche regioni. Quelle centrifughe sono invece attribuibili ai costi di congestione legati alla presenza di un numero elevato di unità produttive su uno stesso territorio, quali la concorrenza esercitata dalla vicinanza delle altre imprese, l’aumento dei costi di mobilità dei lavoratori e delle rendite di terreni e immobili.

Questo lavoro esamina la distribuzione delle attività economiche sul territorio. Seguendo la letteratura più recente, vengono calcolati alcuni indicatori di agglomerazione spaziale per circa 100 settori industriali in Italia nel 1996. Nella maggior parte dei comparti le forze centripete prevalgono su quelle centrifughe, ovvero quasi tutti i comparti industriali italiani risultano essere agglomerati. Tra i settori che mostrano un’agglomerazione maggiore, figurano quelli con elevate economie di scala (la filiera dell’auto), le industrie di tipo tradizionale (tessile, conciaria) e le attività tecnologicamente avanzate (farmaceutica, aereospaziale). Questi risultati sono simili a quelli ottenuti per la Francia, mentre negli Stati Uniti e nel Regno Unito i comparti a maggiore agglomerazione sono quelli tradizionali.

Nella seconda parte del lavoro si studiano le caratteristiche che contribuiscono a spiegare il grado di agglomerazione dei settori industriali. Coerentemente con le predizioni teoriche degli studi di economia urbana, l’evidenza econometrica mostra che i comparti con un maggiore utilizzo di lavoratori qualificati tendono, a parità di condizioni, a essere più agglomerati degli altri. In questi settori è presumibile che si faccia utilizzo di conoscenze complesse e non codificate che rendono più importante la vicinanza geografica e i contatti diretti tra le imprese.

Anche la propensione all’innovazione sembra influenzare positivamente il grado di agglomerazione: in questo caso è la natura non ripetitiva delle conoscenze utilizzate nel processo produttivo a rendere importante la prossimità geografica delle imprese.

Infine, tendono a essere meno agglomerati i settori con costi di trasporto più elevati. In presenza di economie esterne e di una frammentazione territoriale della domanda, un livello contenuto dei costi di trasporto unitari rende più agevole per le imprese concentrarsi in poche regioni per sfruttare le esternalità generate dalla presenza delle altre unità produttive. Ne consegue che al ridursi degli ostacoli al commercio tra regioni diverse (come ad esempio è accaduto con il processo di integrazione economica tra i paesi europei) la concentrazione geografica delle attività economiche può aumentare anziché diminuire.

Pubblicato nel 2003 in: Rivista di Politica Economica, v. 93, 3-4, serie 3, pp. 149-196

Testo della pubblicazione