N. 450 - Un'analisi critica delle definizioni di disoccupazione e partecipazione in Italia

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di Eliana Vivianoluglio 2002

Il tasso di disoccupazione e il tasso di attività sono tra gli indicatori più utilizzati per descrivere in modo sintetico le condizioni del mercato del lavoro. In Italia – in linea con gli standard internazionali fissati dall’International Labour Office (ILO) – una persona senza lavoro è considerata disoccupata se dichiara di: (1) essere alla ricerca di un impiego; (2) essere disponibile a lavorare entro 2 settimane; (3) aver compiuto un’azione di ricerca nel mese precedente l’intervista. Un individuo senza lavoro che non soddisfi uno dei requisiti elencati viene classificato come inattivo.

Il criterio più stringente per la determinazione della condizione di disoccupato risulta essere, in Italia, quello relativo al limite temporale massimo per il compimento dell’ultima azione di ricerca: circa un terzo degli individui che cercano un impiego e sono immediatamente disponibili a lavorare non viene infatti classificato tra i disoccupati per non aver compiuto azioni di ricerca entro i 30 giorni previsti. Sono queste le persone che “cercano lavoro in modo non attivo” o forze di lavoro potenziali (qui per semplicità potenziali) perché non hanno svolto attività di ricerca con un’intensità almeno pari a quella minima richiesta.

Nel lavoro si esamina il potere esplicativo del criterio dei 30 giorni e, in particolare, se esso permetta di separare due categorie di persone, i disoccupati e i potenziali, effettivamente diverse rispetto alla partecipazione al mercato del lavoro. Per confrontare i comportamenti degli individui, se ne considerano le storie lavorative, utilizzando dati tratti dalla rilevazione dell’Istat sulle forze di lavoro. Le condizioni di occupato, disoccupato, potenziale o inattivo che non cerca lavoro sono analizzate dal punto di vista dinamico, studiando le probabilità di transizione da uno stato all’altro. Per la teoria del job search tali transizioni sono determinate in parte da eventi casuali, in parte dai comportamenti. Se due categorie di soggetti, esposti alla stessa tipologia di eventi casuali, fanno registrare probabilità di transizione sistematicamente simili, allora si può ritenere che anche i comportamenti che hanno determinato tali transizioni siano simili. Confrontando le transizioni dei disoccupati e dei potenziali è possibile quindi stabilire se questi ultimi siano una categoria a sé stante rispetto ai primi. Le probabilità di transizione dei disoccupati e dei potenziali, suddivisi in sottogruppi in base al tempo trascorso dall’ultima azione di ricerca, sono state stimate con un modello logit multinomiale, tenendo conto delle caratteristiche socio-demografiche.

Il lavoro mostra che le transizioni dei disoccupati e dei potenziali sono statisticamente differenti nel Nord: la definizione ILO di disoccupazione descrive quindi adeguatamente le modalità con le quali si articola la ricerca di lavoro. Nel Mezzogiorno, invece, i modi e il successo della ricerca di un impiego sono sostanzialmente identici tra i disoccupati e i potenziali, purché la loro ultima azione di ricerca sia stata compiuta non più di 5 mesi prima dell’intervista. Sommando questi ultimi ai disoccupati, il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno sarebbe di oltre 4 punti percentuali superiore a quello calcolato applicando il criterio dell’ILO dei 30 giorni.

Pubblicato nel 2003 in: Politica economica, v. 19, 1, pp. 161-90

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