N. 424 - Il grado di utilizzo del fattore lavoro nel ciclo economico

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di Domenico J. Marchetti e Francesco Nuccinovembre 2001

Il lavoro analizza il modo in cui si modifica, nelle varie fasi del ciclo economico, una caratteristica importante, ma generalmente non osservata, dell’input di lavoro: il grado di impegno con cui il lavoratore svolge il proprio lavoro (effort).

Il modello teorico utilizzato per la stima dell’effort si basa sulla minimizzazione dei costi d’impresa. L’input effettivo di capitale e lavoro è calcolato come il prodotto tra le quantità osservate e il rispettivo tasso di utilizzo (l’impegno, nel caso del lavoro), non osservabile e variabile nel corso del ciclo. Dalle condizioni di ottimo del modello si ricavano le equazioni sottoposte a stima.

L’ipotesi teorica è che la relazione tra impegno e ore per addetto sia “a campana”. Nelle fasi iniziali di ripresa della domanda, le imprese aumentano la produzione incrementando sia le ore lavorate sia il grado di impegno richiesto ai propri lavoratori. In questa fase emerge dunque una relazione positiva tra ore per addetto ed effort. Tuttavia, presumibilmente a causa dell’affaticamento connesso con lo sforzo lavorativo, esiste un valore soglia del numero di ore per addetto, superato il quale l’ora addizionale di lavoro è caratterizzata da un impegno decrescente. Nel caso in cui questo valore critico fosse superato, ad esempio perché nuove assunzioni sono rese difficili da rigidità del mercato del lavoro o da fattori tecnologici (come la difficoltà di reperire lavoratori con particolari skills), la relazione diventa negativa.

L’ipotesi di una funzione dell’impegno “a campana” è confermata empiricamente in questo lavoro per il caso italiano. I dati utilizzati si riferiscono a un campione di imprese manifatturiere nel periodo 1984-1997, estratto dall’indagine annuale sugli investimenti manifatturieri condotta dalla Banca d’Italia; tali dati, che includono nel complesso circa 8.000 osservazioni, sono integrati con informazioni ottenute dalla Centrale dei Bilanci. In presenza di rigidità nel mercato del lavoro, le imprese italiane innalzerebbero il più possibile il numero di ore lavorate per addetto, anche al di là del limite oltre il quale l’impegno orario diminuisce. Nella media del periodo e delle imprese considerate si stima che l’elasticità dell’impegno all’aumentare delle ore lavorate sia negativa, contrariamente alle evidenze empiriche disponibili per il settore manifatturiero statunitense.

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