N. 423 - Riforme fiscali per influenzare le scelte finanziarie delle imprese.Il caso della riforma italiana della tassazione delle imprese del 1997-98

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di Alessandra Staderininovembre 2001

Questo lavoro presenta un’analisi empirica del ruolo delle imposte nelle scelte di finanziamento delle imprese, concentrandosi in particolare sulla riforma DIT-IRAP nel biennio 1997-98. L’analisi si fonda sui dati relativi a un campione di imprese italiane tratto dalla Centrale dei Bilanci.

La riforma del 1997-98 si poneva l’obiettivo esplicito di incentivare la patrimonializzazione delle imprese. Il sistema di imposizione precedente prevedeva un rilevante vantaggio fiscale per il debito, a discapito del capitale proprio: gli interessi passivi erano esenti dall’imposizione a livello di impresa, mentre la remunerazione del capitale proprio era tassata con aliquote elevate. La riforma ha ridotto il prelievo sulla remunerazione del capitale proprio (con l’introduzione della DIT e la sostituzione dell’Ilor con l’IRAP) e, allo stesso tempo, ha introdotto una nuova forma di tassazione degli interessi passivi a livello di impresa attraverso l’IRAP.

Il vantaggio fiscale relativo del debito, misurato con l’indice di Miller, si è ridotto per effetto della riforma di circa il 50 per cento.

La riforma DIT-IRAP fornisce un esperimento naturale per studiare gli effetti delle norme fiscali sulle scelte di finanziamento delle imprese, un argomento sul quale la letteratura economica, teorica ed empirica, non è concorde. Osservando il comportamento di un campione di imprese italiane per gli anni dal 1993 al 1998, emerge che le riduzioni più rilevanti dell’indebitamento sono state realizzate in connessione con due importanti eventi di natura fiscale: l’incentivo temporaneo agli investimenti del 1995 e la riforma della tassazione delle imprese del 1997-98.

Le imprese che si sono avvalse della DIT si caratterizzano per una maggiore redditività e produttività rispetto alle imprese che non l’hanno sfruttata. Esse dispongono in media di maggiori margini di liquidità da poter utilizzare per aumentare le riserve e mostrano, inoltre, un livello medio di investimenti più elevato, che segnala maggiori prospettive di crescita. La DIT è stata usata per ridurre il costo del finanziamento dei nuovi investimenti, dopo il venire meno del credito d’imposta temporaneo nel 1995. Le imprese che non hanno fruito della DIT hanno invece ridotto in media il loro livello di investimenti dopo averlo aumentato nel 1995 per effetto dell’incentivo temporaneo di quell’anno.

Ciò sembra suggerire che l’incentivo fiscale offerto dalla DIT abbia indotto le imprese ad aumentare il capitale proprio (con il ricorso sia all’incremento delle riserve, sia all’emissione di nuove azioni); in particolare quelle che necessitavano di maggiori fondi per effettuare nuovi investimenti.

Gli effetti della riforma rilevati nei primi due anni della sua applicazione appaiono coerenti con l’obiettivo di incentivare la patrimonializzazione delle imprese. Va tuttavia rilevato che due anni rappresentano probabilmente un periodo troppo breve per il pieno esplicarsi degli effetti su scelte che hanno un respiro di medio-lungo periodo.

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