N. 416 - Decentramento fiscale e perequazione regionaleEfficienza e redistribuzione nel nuovo sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario

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di Giovanna Messinaagosto 2001

L’architettura dei rapporti finanziari tra Stato ed enti territoriali è stata interessata da un processo di riforma iniziato nei primi anni novanta e intensificatosi nella seconda metà del decennio. La necessità di rispettare i vincoli previsti dal Trattato sull’Unione europea e di risanare il bilancio pubblico, contenendo la dinamica della spesa, ha influito su tale processo. Anche l’opinione pubblica è stata particolarmente sensibile alle ragioni del decentramento; nel dibattito sono andate emergendo crescenti istanze di autonomia.

Tra le principali cause di squilibrio dei conti pubblici viene spesso indicata la separazione tra il soggetto responsabile della decisione di spesa, in larga parte decentrata a livello locale, e il soggetto sul quale ricade l’onere del finanziamento, che in molti casi è il governo centrale. L’assenza di un vincolo di bilancio rigido può alimentare un sistema di incentivi che non incoraggia gli amministratori a ridurre la spesa né ad aumentare lo sforzo fiscale. L’attribuzione agli enti decentrati della responsabilità di reperire le risorse necessarie a coprire i rispettivi fabbisogni può quindi contribuire a correggere tali incentivi.

Il processo di riforma della finanza delle Regioni a statuto ordinario si caratterizza per la progressiva assegnazione a tali enti di entrate autonome e per la graduale eliminazione dei trasferimenti erariali (comprese le assegnazioni relative al Servizio Sanitario Nazionale). In particolare, il D.lgs. 15.12.1997, n. 446 ha introdotto un’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e un’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Da quest’anno a tali risorse si aggiunge una compartecipazione delle Regioni a statuto ordinario al gettito dell’IVA, secondo le modalità stabilite nel D.lgs. 18.2.2000, n. 56.

Con l’applicazione dell’IRAP le entrate tributarie regionali sono direttamente collegate al reddito prodotto localmente, mentre i fabbisogni si distribuiscono in modo relativamente omogeneo.

Per assicurare a tutte le Regioni i mezzi finanziari necessari a erogare un livello uniforme di servizio pubblico è previsto che una quota della compartecipazione all’IVA confluisca in un Fondo perequativo nazionale. In una prima fase la ripartizione delle risorse del Fondo seguirà il criterio della spesa storica; a regime, i flussi perequativi saranno regolati da parametri legati alla popolazione residente, alla capacità fiscale e al fabbisogno.

Il lavoro esamina la relazione tra i vantaggi di efficienza determinati da queste innovazioni e il loro impatto redistributivo. In termini di efficienza, i benefici del nuovo assetto della finanza regionale dipenderanno dalla rigidità del vincolo di bilancio determinato dalla previsione di un limite per i trasferimenti operati attraverso il Fondo perequativo.

Per quanto riguarda l’impatto redistributivo, l’entrata a regime del nuovo meccanismo, con il distacco dal criterio della spesa storica, potrà comportare una riduzione delle risorse trasferite ad alcune Regioni. Inoltre, il divario tra i flussi perequativi previsti dal nuovo regime e quelli necessari a mantenere gli attuali livelli di spesa potrebbe aumentare se i ritmi di sviluppo delle Regioni che beneficiano dei trasferimenti risulteranno inferiori a quelli delle altre aree del Paese.

Pubblicato nel 2001 in: Studi economici, v. 56, 73, pp. 131-148

Testo della pubblicazione