N. 388 - La 'credit view' in economia aperta: un’applicazione al caso italiano

Go to the english version Cerca nel sito

di P. Chiades e L. Gambacortadicembre 2000

La “credit view” nasce dall’insoddisfazione verso il grado di astrattezza con il quale la teoria tradizionale considera la relazione tra le scelte finanziarie e le decisioni di investimento. Secondo il teorema di Modigliani e Miller, in presenza di informazione completa vi è perfetta sostituibilità tra le forme di finanziamento e il valore dell’impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria. Per la “New Keynesian Economics” invece, l’esistenza di “difetti di coordinamento”, spesso causati da asimmetrie informative, fa sì che i mercati dei capitali siano imperfetti e che l’equilibrio raggiunto dal sistema economico non rappresenti sempre un ottimo nel senso di Pareto.

Sebbene lo studio del canale di trasmissione creditizio della politica monetaria possa essere rintracciato già in Hawtrey, Hahn, Keynes ed autori della “scuola svedese”, il dibattito sulla sua rilevanza è stato riavviato dal lavoro di Bernanke e Blinder (1988). Secondo tali autori il mercato del credito è caratterizzato da imperfetta sostituibilità tra i titoli obbligazionari ed i prestiti. Se alcuni dei prenditori di fondi non hanno accesso al mercato dei capitali (non solo le famiglie ma anche le imprese di modeste dimensioni), le loro decisioni di spesa e di investimento debbono essere basate soprattutto sull’autofinanziamento e sul credito bancario. In questa situazione, ogni cambiamento nella composizione dell’assetto patrimoniale delle banche influenza il livello e la distribuzione della spesa privata per consumi e investimenti.

La letteratura econometrica ha dedicato attenzione all’approccio della “credit view” concentrando però l’analisi soprattutto su modelli in economia chiusa. Tale ipotesi rappresenta un’approssimazione ragionevole per gli Stati Uniti; appare meno realistica per economie di minore dimensione e maggiore apertura al commercio con l’estero.

Lo scopo di questo lavoro è, da un lato, di estendere il modello di Bernanke e Blinder al caso di un’economia aperta con flussi di merci e capitali in regime di cambi fissi e, dall’altro, di presentare un’applicazione all’economia italiana, basata sulla tecnica econometrica dei VAR strutturali.

Nella prima parte del saggio, dopo aver richiamato il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria individuati in letteratura (“monetario”, “estero” e “creditizio”), viene sviluppato il modello teorico. L’introduzione del mercato del credito in un modello di economia aperta attenua la conclusione di relativa inefficacia della politica monetaria in un regime di cambi fissi formulata da Mundell. Il margine di manovra della politica monetaria in regime di cambi fissi nel raggiungere gli obiettivi interni (prezzi e reddito) è tanto maggiore quanto più efficace è  il canale “creditizio” rispetto a quelli “monetario” ed “estero”.

La seconda parte del lavoro presenta la stima di un modello di autoregressione vettoriale (VAR) strutturale che studia le principali caratteristiche della politica monetaria italiana a partire dalla metà degli anni ottanta. Le proprietà di breve e di lungo periodo delle variabili sono coerenti con le indicazioni emerse dal modello teorico. Nel breve periodo, l’impatto della politica monetaria sul reddito e sui prezzi è significativo attraverso i canali di trasmissione “monetario” e “creditizio”. Nel lungo periodo viene confermata l’ipotesi di neutralità: la politica monetaria ha effetti solo sui prezzi, mentre l’impatto sull’output esaurisce i suoi effetti dopo circa tre anni. Uno shock esogeno al tasso di cambio, indipendente dalle condizioni monetarie, produce effetti statisticamente significativi sull’output (per oltre due anni) e sui prezzi (per quasi cinque anni).

Pubblicato nel 2004 in: German Economic Review, v. 5, 1, pp. 1-34

Testo della pubblicazione