N. 65 - Le disposizioni italiane di contrasto all'elusione fiscale internazionale

La crescente competizione fiscale internazionale stimola le giurisdizioni ad alta fiscalità a rafforzare le regole antielusive, per contrastare l'erosione del gettito erariale nazionale. Diversi paesi hanno focalizzato le proprie regole antielusive sulle transazioni internazionali, considerato che l'arbitraggio fiscale e l'elusione vengono più agevolmente perseguiti attraverso giurisdizioni che non consentono un adeguato scambio di informazioni a fini fiscali.

Le implicazioni dell'esistenza di giurisdizioni non cooperative, inclusi i "paradisi fiscali", sono state affrontate durante il vertice del G20 di Londra del 2 aprile 2009, nella discussione sulle misure per il rafforzamento del sistema finanziario: i Governi si sono impegnati a intraprendere azioni contro i paradisi fiscali e a prevedere sanzioni per proteggere le proprie finanze pubbliche; nell'occasione, l'OCSE ha pubblicato un rapporto sui progressi compiuti dai singoli paesi nell'implementazione di un effettivo scambio di informazioni in materia fiscale.

Negli ultimi due decenni, l'Italia ha emanato diverse "disposizioni antileusive internazionali", intendendo con questa espressione le norme in materia di imposte sui redditi che stabiliscono un diverso trattamento tributario in ragione di una connessione tra il reddito o il soggetto tassato e un paese a fiscalità privilegiata ("paradiso fiscale"). Tra queste norme rientrano: la tassazione per trasparenza delle controllate estere ("Controlled Foreign Companies" - CFC); la presunzione di residenza fiscale in Italia per le persone fisiche residenti all'estero; la limitazione della deducibilità delle spese su forniture estere; il trattamento fiscale dei proventi delle attività finanziare pagati a soggetti non residenti o ricevuti dall'estero.

L'approccio del legislatore italiano nella redazione di queste norme è stato di tipo jurisdictional, cioè basato sulla localizzazione del soggetto estero in un paese considerato paradiso fiscale o, al contrario, in un paese "affidabile"; l'appartenenza all'una o all'altra categoria è definita da elenchi tassativi ("black list" o "white list") redatti dal legislatore. Tale approccio conferisce maggiori certezze al contribuente ma comporta rigidità e rischio di obsolescenza. Nella redazione delle liste assumono rilievo il grado di trasparenza dell'ordinamento tributario estero, di collaborazione nello scambio di informazioni a fini fiscali e il livello di tassazione del paese estero. Il criterio della trasparenza e della collaborazione è volto a evitare sia fenomeni di esterovestizione (opacità informativa sulla proprietà di beni che generano redditi di pertinenza di soggetti residenti in Italia) sia complessità nell'individuazione delle imposte effettivamente pagate all'estero.

Le disposizioni antielusive internazionali svolgono una necessaria funzione deterrente nei confronti dell'utilizzo improprio della normativa tributaria. L'autonomia dell'Italia nella definizione delle norme antielusive è comunque limitata; tali disposizioni, oltre a non poter violare le libertà fondamentali del Trattato sull'Unione Europea non devono, coerentemente con gli orientamenti comunitari, essere eccessivamente onerose per i contribuenti in termini di compliance. L'assetto di alcune di tali disposizioni nel nostro paese andrebbe in parte ripensato, ispirandosi prioritariamente ad un principio di proporzionalità tra l'interesse pubblico che si vuole tutelare e l'onere di compliance posto a carico dei contribuenti, nella direzione della semplificazione degli adempimenti.

Per alcune disposizioni, la scelta del loro mantenimento, dell'eliminazione o della modifica è relativamente agevole; ad esempio, la disciplina dei proventi finanziari in uscita dal paese sembra rispettare un principio di proporzionalità tra tutela del gettito erariale - considerato l'elevato ammontare e l'estrema mobilità di tali redditi - e la modesta onerosità degli adempimenti richiesti agli investitori esteri (presentazione di attestazioni). Per altre disposizioni la scelta si rivela assai più complessa. Ad esempio, per talune discipline antielusive, nella valutazione del grado di proporzionalità si deve tenere maggiormente conto di questioni di opportunità: la diffusa convinzione di un fisco che riesce concretamente a perseguire gli evasori costituisce di per sé un deterrente nei confronti della non compliance.

Testo della pubblicazione