N. 48 - Il credito al consumo

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di Giuseppe Carrieroottobre 1998

Il credito al consumo, noto canale di finanziamento teso a soddisfare – attraverso il differimento temporale dei pagamenti – la domanda di beni durevoli oltre il limite di reddito del richiedente, fa registrare anche in Italia crescenti volumi, sebbene inferiori a quelli di altri paesi industrializzati, in ragione della sua dimensione di massa. L’operazione economica genera l’emersione di una serie di importanti e controverse questioni aventi ricadute di rilievo sotto versanti culturali, politici, sociali, di mercato; in questa chiave si impone all’attenzione della società civile, soprattutto per il tramite dei principali canali di informazione.

L’assetto degli interessi e la ripartizione del rischio regolati dalla norma giuridica restano, quasi in un cono d’ombra, sullo sfondo. In parte per il naturale, fisiologico tecnicismo che connota la materia, molto per il pregiudizio che al diritto competa l’esclusivo statico ruolo di cristallizzare scelte e politiche compiute in altre sedi. Eppure, la rilevanza dell’ordinamento giuridico non solo per l’ordinato assetto della società ma anche per la stessa crescita economica, sempre più diffusamente riconosciuta, trova importanti conferme anche in questo settore, dove trasparenza del regolamento contrattuale e norme di riequilibrio del rapporto, introdotte per accompagnare il passaggio dal regime pubblicistico dell’attività bancaria al mercato, favoriscono lo sviluppo del credito al consumo.

Alla ricostruzione delle regole che governano l’operazione economica è dedicato questo studio che, muovendo dall’analisi comparata della disciplina nei principali paesi europei, indaga in chiave interdisciplinare le principali questioni sottese al quadro giuridico di riferimento (e i ritardi), provando a fornire una lettura unitaria e sistematica delle norme che interessano la materia e – per questa via - a individuare le principali tecniche giuridiche di ripartizione del rischio contrattuale e di tutela del consumatore nel “diritto vivente”.

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