Presentazione del Rapporto annuale sul 2020 "L'economia del Veneto"

Martedì 29 giugno alle 16.00 viene presentato in videoconferenza il rapporto annuale "L'economia del Veneto".

La presentazione del rapporto è trasmessa in diretta video sul canale YouTube della Banca d'Italia.

Il quadro epidemiologico e le misure restrittive

La pandemia di Covid-19, delineatasi in Italia dai primi mesi del 2020, si è diffusa rapidamente anche in Veneto, determinando forti ripercussioni sul sistema economico regionale. La diffusione del virus in regione ha dapprima colpito alcune aree circoscritte in provincia di Padova e Venezia, per poi espandersi al resto dei territori. Il numero di nuove infezioni ha raggiunto un picco intorno ai primi di aprile, per diminuire progressivamente in seguito e riassorbirsi nei mesi estivi. Nella seconda fase della pandemia, innescatasi nell'autunno dello scorso anno, i nuovi casi di contagio sono tornati rapidamente a salire in Veneto come nel resto dell'Italia, per raggiungere un nuovo picco in dicembre, di intensità notevolmente superiore al primo.

Per fronteggiare l'emergenza sanitaria sono state adottate stringenti misure di distanziamento sociale e di limitazione della mobilità dei cittadini. Nella prima fase, gli interventi, adottati in modo uniforme a livello nazionale, hanno previsto sia restrizioni alla mobilità dal 9 marzo 2020, sia il blocco delle attività produttive considerate non essenziali (dal 26 marzo al 4 maggio 2020), cui è seguito un graduale allentamento nei mesi estivi con il progressivo riassorbirsi delle infezioni e dei decessi. Nella seconda fase della pandemia sono state reintrodotte misure restrittive alla mobilità graduate sui territori in base a livelli crescenti di contagiosità del virus e di capacità di resilienza delle strutture sanitarie. Dal 6 novembre 2020, data di entrata in vigore delle nuove restrizioni, al 6 marzo 2021, data di entrata in vigore del DPCM del 2 marzo 2021 che ha in parte ridefinito le misure di contenimento che si applicano nelle aree di rischio, il Veneto è stato sottoposto per oltre un mese a vincoli di mobilità e di chiusura delle attività commerciali e ricettive molto o relativamente stringenti (zone "rossa" e "arancione"). Successivamente, le restrizioni previste per le zone a rischio alto e medio sono state adottate in Veneto per l'intero mese di marzo e quasi tutto il mese di aprile. Dalla fine di aprile, con la progressiva riduzione dei casi di contagio, vi è stato un nuovo allentamento dei vincoli e la regione è stata nuovamente posta in zona "gialla".

Il quadro macroeconomico

Nel 2020 l'economia regionale ha risentito fortemente degli effetti delle misure di contenimento della pandemia. Secondo l'indicatore trimestrale dell'economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d'Italia, il PIL sarebbe diminuito dell'8,9 per cento, in linea con il resto del Paese. Il calo del prodotto sarebbe stato leggermente più intenso della media nazionale nella prima parte dell'anno e avrebbe invece mostrato una dinamica meno negativa nel secondo semestre.

L'indicatore che misura la dinamica di fondo dell'economia veneta (Ven-ICE) evidenzia come la fase di forte recupero dei mesi estivi, sostenuta soprattutto dall'industria, si sia indebolita nella parte finale dell'anno. Nei primi tre mesi del 2021 l'indicatore è tornato a crescere. Le prospettive circa i tempi e l'intensità della ripresa dipendono in larga misura dai progressi della campagna vaccinale che, in regione, procede a ritmi simili a quelli medi nazionali.

Le imprese

Nel 2020 la produzione industriale regionale si è significativamente ridotta rispetto all'anno precedente, nonostante un vivace, seppure parziale, recupero nei mesi estivi; gli ordini interni ed esteri si sono ridotti a un ritmo simile. Anche il fatturato e, soprattutto, gli investimenti delle imprese industriali si sono contratti. Per il 2021 le imprese prevedono un parziale recupero delle vendite e dell'accumulazione di capitale.

Le esportazioni di beni si sono ridotte significativamente rispetto all'anno precedente risentendo del calo della domanda estera e dell'apprezzamento del cambio effettivo dell'Italia; nel quarto trimestre, tuttavia, avevano pressoché recuperato i livelli di fine 2019, grazie soprattutto alla forte ripresa nei mercati esterni alla UE.

Il settore dei servizi ha risentito in misura ancora più intensa dell'industria dell'emergenza sanitaria a causa della rilevanza di comparti maggiormente interessati dalle restrizioni, in particolare il turismo, il commercio non alimentare e la cultura. Le presenze turistiche nelle strutture ricettive della regione si sono più che dimezzate rispetto al 2019. I cali più intensi si sono verificati nelle città d'arte, nelle località termali e per i visitatori stranieri. Anche l'attività dei luoghi di cultura, spettacolo, sport e intrattenimento ha subito forti contrazioni, soprattutto per effetto dei lunghi periodi di chiusura.

La crisi Covid-19 ha fortemente colpito il sistema produttivo determinando un sensibile calo dei ricavi e della redditività. Secondo le indagini della Banca d'Italia nel 2020 la quota di imprese in utile o in pareggio si è ridotta a circa tre quarti di quelle intervistate. Il maggiore fabbisogno di liquidità, determinato dal calo dei flussi di cassa, è stato in larga parte soddisfatto dall'aumento del credito e dal complesso delle misure governative a sostegno delle attività produttive. L'accresciuto indebitamento e l'impatto negativo sul patrimonio si sarebbero riflessi in un significativo incremento del leverage che si manterrebbe comunque su un livello ampiamente inferiore a quello rilevato prima della crisi del debito sovrano. La sostenibilità del debito è inoltre favorita dal permanere di condizioni di indebitamento favorevoli. Tuttavia potrebbero emergere rischi di squilibri finanziari per le imprese che presentavano già un leverage elevato alla vigilia della crisi e operano nei comparti maggiormente interessati da contrazioni del fatturato.

I prestiti alle imprese sono aumentati intensamente per effetto delle misure di sostegno al credito volte a garantire il finanziamento del capitale circolante e a soddisfare le accresciute esigenze di liquidità a scopi precauzionali. La dinamica positiva dei prestiti è stata inoltre sostenuta dall'ampio ricorso alle moratorie previste dalle misure governative o di iniziativa privata. La crescita dei prestiti ha riguardato anche le piccole imprese ed è stata particolarmente sostenuta in alcuni dei comparti più colpiti dalla crisi.

La digitalizzazione dell'economia veneta

Lo sviluppo digitale di un territorio è un fattore indispensabile per sostenere l'innovazione e la competitività del suo sistema produttivo. Le infrastrutture di connessione, che in Veneto sono in linea con la media nazionale, sono determinanti; la pandemia ne ha evidenziato ulteriormente l'importanza nella prosecuzione delle attività lavorative, dell'istruzione, del commercio e dei servizi finanziari. Nel 2019 il livello di digitalizzazione del Veneto risultava lievemente superiore alla media nazionale. Il miglior risultato della regione è dovuto all'e-goverment, mentre le imprese venete alla vigilia della pandemia sembravano scontare un ritardo nella digitalizzazione rispetto alla media dell'Unione europea. L'utilizzo dei servizi internet da parte dei cittadini veneti era lievemente inferiore alla media nazionale. Durante la pandemia il ricorso al lavoro da remoto è stato inferiore al resto del Paese anche a causa della maggiore specializzazione nel comparto manifatturiero, dove minori sono le attività potenzialmente telelavorabili. È continuato il processo di trasformazione nelle relazioni tra gli intermediari bancari e la loro clientela, con una sempre maggiore rilevanza dei canali digitali rispetto a quello fisico.

Il mercato del lavoro e le famiglie

Il calo dell'occupazione legato alla pandemia e alle misure di distanziamento sociale, è stato in parte frenato dalle misure eccezionali di integrazione al reddito, di sostegno alle imprese e dal blocco dei licenziamenti. Sono stati colpiti in particolare i lavoratori dei settori legati al turismo e quelli dei pubblici esercizi che erano maggiormente cresciuti nell'ultimo decennio a fronte di percorsi lavorativi più frammentati e con salari medi più bassi. Le ore lavorate hanno invece registrato una contrazione senza precedenti connessa con il rilevante ricorso agli strumenti di integrazione salariale.

Il reddito disponibile delle famiglie è diminuito e la flessione è stata in parte mitigata dalle prestazioni sociali che hanno contenuto anche l'aumento della disuguaglianza. Nel Nord Est è cresciuta l'incidenza delle famiglie in povertà assoluta, ma solo una quota di queste ha beneficiato delle misure per i nuclei in condizione di disagio economico. Le limitazioni agli acquisti di beni e servizi, il timore del contagio e l'incertezza sulle prospettive occupazionali hanno determinato una sensibile diminuzione dei consumi; la conseguente crescita del risparmio si è riflessa in un incremento della liquidità detenuta in strumenti a basso rischio quali i depositi bancari e il risparmio postale. L'indebitamento delle famiglie ha registrato un rallentamento connesso con la stagnazione del credito al consumo, mentre i mutui per l'acquisto di abitazioni sono cresciuti, sostenuti dalla ripresa del mercato immobiliare nella seconda parte del 2020.

Il mercato del credito

Lo scorso anno la crescita dei prestiti bancari al settore privato non finanziario ha accelerato, riflettendo l'espansione dei prestiti alle imprese in atto da aprile 2020, sostenuta dalle misure pubbliche introdotte in seguito alla crisi Covid-19 e da una politica monetaria accomodante. Gli interventi governativi hanno finora evitato il deterioramento della qualità del credito sostenendo famiglie e imprese in temporanea carenza di liquidità. Tuttavia la perdurante incertezza sull'evoluzione del quadro macroeconomico si è riflessa in un incremento dei prestiti alle imprese che, seppure ancora in bonis, evidenziano un aumento del rischio. Alla fine del 2020 l'incidenza di tali crediti sul totale dei prestiti in bonis rimaneva comunque inferiore alla media nazionale.

La finanza pubblica decentrata

I bilanci degli enti territoriali sono stati posti sotto pressione dagli effetti della pandemia, soprattutto per il calo delle entrate proprie che hanno risentito del blocco dell'attività e delle misure di esenzione a favore delle categorie di contribuenti maggiormente colpite dalla crisi. Per compensare le perdite di gettito sono stati adottati numerosi interventi governativi volti ad assicurare le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali.

Gli effetti della crisi sono stati meno intensi sul lato della spesa corrente: alla crescita dei trasferimenti a famiglie e imprese si sono contrapposti i risparmi di spesa connessi con la minore quantità di servizi erogati a causa del lockdown. Sono invece cresciute le spese che il servizio sanitario regionale ha dovuto sostenere per fronteggiare l'emergenza sanitaria.

Gli enti territoriali della regione affrontano la crisi in una situazione finanzia-ria nel complesso più solida di quella prevalente nel resto del Paese. In particolare, i Comuni hanno potuto contare sui rilevanti avanzi di amministrazione accumulati in passato anche per il finanziamento di spese correnti connesse con l'emergenza sanitaria, oltre che per sostenere le spese di investimento. È infatti proseguita la crescita degli investimenti fissi che hanno consolidato la ripresa iniziata nel 2019, dopo una prolungata fase di flessione.

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